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DEXTER GORDON “Espace Cardin 1977”- Elemental Music (2018)

Sticky Wicket /A La Modal /Body and Soul /Antabus /Oleo /Round Midnight (solo per la sezione ritmica)

Dexter Gordon, sax tenore, sax soprano; Al Haig, pianoforte; Pierre Michelot, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria

Esiste un ritorno d’interesse verso Dexter Gordon? Sembrerebbe di sì, viste le molteplici uscite che lo riguardano negli ultimi tempi: è di qualche mese fa la pubblicazione dell’inedito “Tokyo 1975”, e da pochi giorni sono disponibili questo “Espace Cardin” e la biografia scritta dalla moglie Maxine, “Sophisticated Giant: The Life and Legacy of Dexter Gordon”. Inoltre è sempre attivo un sito internet in cui è possibile acquistare gadget, foto, magliette ecc. Non posso che rallegrarmi di ciò, anche se le tendenze musicali contemporanee vanno in tutt’altra direzione. Il disco in questione è importante perché vede, per la prima volta, Dexter e Al Haig suonare insieme, fatto abbastanza strano visto il comune terreno stilistico e la contemporanea permanenza in Europa di quegli anni. Si tratta di una breve esibizione in cui Dexter esplora tre sue composizioni e uno standard con la solita, inconfondibile, scioltezza improvvisativa, surrogata da un suono largo e maestoso che ha ben pochi eguali. “Sticky Wicket” è il brano più datato di Dexter, il quale lo suonò per la prima volta nel disco “More Power” per la Prestige, del 1969, e si tratta di un bel veicolo, spesso riproposto dal vivo. Anche stavolta il gigante di Los Angeles appare in forma smagliante, pronto ad affrontare un lungo assolo pieno di citazioni (è il suo forte…) e di logica, quel che si dice insomma una storia. Il seguente “A La Modal” è invece il pezzo più recente, scritto l’anno prima per l’album “Biting the Apple” su SteepleChase, etichetta danese che possiede del sassofonista ormai un catalogo vastissimo, e tutto di grande livello. Sorretto da una ritmica strepitosa, formata da Barry Harris, Sam Jones e Al Foster, Dexter affrontava il tema modale con notevole cipiglio e grande autorità, ma stavolta l’interesse sale ancora, perché lo strumento utilizzato è il soprano, da poco, appena due anni, affiancato al tenore. Dexter tuttavia lo usò con parsimonia, e fu un peccato perché la sua tavolozza si era di certo arricchita, soprattutto nelle ballads. Vi consiglio, a tal proposito, di riascoltare “Tivoli” di Palle Mikkelborg contenuta nel celeberrimo film “Round Midnight”: vi si stringerà il cuore! “Antabus” è un blues del 1974, proposto per la prima volta nel disco capolavoro “The Apartment”, sempre per la danese SteepleChase. Qui i quattro offrono un saggio di notevole compattezza e swing. Il classico dei classici, ovvero “Body and Soul”, ha sempre fatto parte del repertorio di Gordon, fino agli ultimi anni di vita. Tema straordinario e foriero di sviluppi armonici e ritmici senza pari, è eseguito anche qui utilizzando l’arrangiamento con accordi alterati di John Coltrane, fatto che costò a Dexter l’amicizia di Ben Webster (almeno per sei settimane, è raccontato nel booklet).
Confermata perciò la grandezza del sassofonista lungo tutto il disco, va comunque rilevata una sezione ritmica stavolta un pochino imprecisa. Al Haig è, insieme con Bud Powell, uno dei primi grandi pianisti bop, un musicista che ha suonato in sedute storiche con Bird e Dizzy, Chet Baker, Wardell Gray e Stan Getz e che ha realizzato dischi in trio pregevolissimi. Sorprende quindi che qui il suo apporto sia sottotono, senza particolari guizzi. Anche Kenny Clarke appare talvolta sfuocato, in particolare in qualche scambio di battute a chiusura dei pezzi. E’ probabile che il concerto sia stato realizzato all’ultimo momento, con prove più verbali che pratiche. Non si spiegherebbe altrimenti la scarsa durata della serata, il bis di “Oleo” che non dà problemi dal punto di vista armonico, e il bonus di “Round Midnight” affidato al solo trio. Ma basta e avanza l’unico, immenso, Dexter Gordon per giustificare l’acquisto del disco, ultimo prima del suo ritorno definitivo in patria.
“Bebop is the music of the future!”, scriveva Dexter nel retro di copertina di “American Classic”, per la Elektra, nel 1982. Se dovessimo guardare al presente, diremmo che purtroppo tale auspicio non si è avverato, oggi quasi più nessun giovane suona così, avendo dimenticato lo swing, il blues, il senso della tradizione. Eppure il jazz ha sempre dimostrato di avere al suo interno insospettate forze rigeneratrici: non rimane far altro che aspettare.

Massimo Tarabelli

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