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DUDUKA DA FONSECA “Plays Dom Salvador” – Sunnyside (2017)

Farjuto / Transition /Marià /Antes do Chuva /Samba do Malandrinho /Tematrio /Gafieira /Para Elis /Valsa de Esquina /Clauditi /Meu Fraco e Café Forte

David Feldman, pianoforte; Guto Wirtti, contrabbasso; Duduka Da Fonseca, batteria; ospite: Jacques Morelenbaum, violoncello in “Para Elis” 

“Duduka Da Fonseca ha fatto per la batteria jazz brasiliana quello che Kenny Clarke ha fatto per la batteria jazz in America”, parole di Dom Salvador, a cui è difficile, per non dire impossibile, obiettare. Basta, come sempre, voltarsi un attimo e guardare alla storia: in un pugno di batteristi che cambiarono tutto, dagli anni ’60 in avanti, quali Edison Machado, Milton Banana, Paulo Braga, Airto Moreira, Duduka è il continuatore naturale, quello che più di qualsiasi altro è riuscito a cavalcare, in maniera moderna, il matrimonio fra il samba e il linguaggio jazzistico nordamericano. Nelle note di copertina di questo disco splendido – mi gioco subito il giudizio critico – Duduka ricorda come e quanto il primo disco del “Rio 65 Trio” (con Salvador al piano, Sergio Barrozo al contrabbasso e Edison Machado), pubblicato per l’appunto nel 1965, abbia influenzato la sua vita e indirizzato la sua professione futura di musicista (allora aveva quattordici anni, e praticava la batteria da un anno). Da allora incontrò varie volte il suo “mentore”, accompagnandolo spesso in concerti e dischi, accanto a jazzisti di fama come Dick Oatts, Claudio Roditi, Dennis Irwin, Keith O’Quinn e altrettanti brasiliani. La formula del trio con pianoforte è l’eredità più importante che il Brasile ha avuto dal jazz americano, tanto che gli esempi sono innumerevoli. Solo per citarne qualcuno: lo Zimbo Trio (che registrò un album addirittura con Sonny Stitt), e poi Milton Banana Trio, Bossa Tres, Joao Donato Trio, Jongo Trio, Primo Trio, Sambalanço Trio (con Cesar Camargo Mariano), e il Tamba Trio di Luiz Eca. Tutti contribuirono fortemente al progressivo evolversi di uno stile affascinante che non si fermò ai confini nazionali per invadere il mondo. Dall’alto di un passato del genere Duduka persegue un proprio itinerario espressivo che si concretizza in progetti come il “Trio Da Paz”, accanto a Romero Lubambo e Nilson Matta, che ben conosciamo in Italia, e soprattutto noi di Ancona Jazz, che abbiamo avuto la fortuna di ospitarli varie volte, il “Brazilian Trio” con il grande pianista Helio Alvez, e qualsiasi altra formazione All-Stars, comprendente anche la moglie e grande cantante Maucha Adnet. Il suo intuito e la profonda capacità nel riconoscere i talenti gli hanno permesso di scoprire a New York nel 2000 il giovane pianista David Feldman, il quale pochi anni dopo si sarebbe trasferito a Rio, e successivamente il fenomenale bassista brasiliano Guto Wirtti. Insieme hanno registrato già tre album, di non facile reperibilità, prima di approdare a quest’ultimo, da pochissimo distribuito anche in Italia.

Ora, si perde il conto di quanti dischi in trio escano in un anno, ma ben pochi riescono ormai a darmi emozioni pari a questo che ho da poco ascoltato. Per empatia, senso profondo del discorso musicale, qualità straordinaria delle composizioni di Salvador, maestro assoluto del samba-jazz, ritengo che questo CD possa fin d’ora essere considerato fra i più belli del 2018. Il tocco e il fraseggio di Feldman sono di adamantina purezza (peccato soltanto che sia registrato un tantino sotto gli altri due), Wirtti è semplicemente un fuoriclasse in accompagnamento e in assolo, mentre Duduka compie prodezze con spazzole e bacchette. Quando poi entra in azione il violoncello di Jacques Morelenbaum nel meraviglioso “Para Elis” (dedicato a Elis Regina, ovviamente) entriamo definitivamente in quel regno poetico senza confini che soltanto la grande musica può offrire.

Ne ho già parlato con il nostro direttore: questo trio dovrà suonare da noi, prima o poi. Diamoci da fare.

Massimo Tarabelli

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