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WALT WEISKOPF – ANDY FUSCO “Tea For Two” – Criss Cross

WALT WEISKOPF – ANDY FUSCO

“Tea For Two” – Criss Cross

 

Walt Weiskopf, ts; Andy Fusco, as; Joel Weiskopf, p; Paul Gill, b.; Billy Drummond, d.

 

Tea For Two / Budo /So In Love /The Peacocks /Swee Melissa /Waltz For Judy /Shades Of Jazz /Adios /Unison

15 ottobre 2004

 

Weiskopf e Fusco non sono giovanissimi; si trovano quindi nell’età di mezzo della completa maturazione, sia tecnica che espressiva. Le loro idee sono chiare e solide come la loro musica, un jazz piantato nella più pura matrice hard-bop, foriera di spunti interessanti e innovativi.

 

Entrambi i sassofonisti si sono formati negli anni’ 80 tra le file dell’orchestra di Buddy Rich, per antonomasia fucina di talenti e università dei musicisti. All’inizio Walt suonava l’alto, ma ben presto passò al tenore, strumento che ora padroneggia totalmente in tutti i registri e chi gli permette un fraseggio spericolato, denso di scale vertiginose alternate a sequenza di grande valenza melodica. L’amico Andy è più prudente, maggiormente legato a modelli bebop, e tuttavia il suo stile presenta spesso spunti più attuali, oltre ad un timbro piuttosto personale.

Pur così diversi, e forse proprio per questo, i due si intendono a meraviglia su temi in parte originali di Weiskopf – che d’altronde ben conosciamo anche come arrangiatore di pregevoli sestetti e ottetti – e su standard che costituiscono una sfida per nuove riletture. In tal senso è incredibile come un temino straconosciuto quale “Tea For Two” sveli ancora possibilità inusuali di sviluppo improvvisativo.  La sezione ritmica è un metronomo, e c’era da aspettarselo; Joel Weiskopf (fratello) mi sembra sempre più sciolto e sicuro, ancorché un pochino impersonale, mentre Paul Gill, in notevole ascesa nell’ambiente di New York, è del tutto affidabile, e Billy Drummond si conferma tra i quattro-cinque migliori batteristi del mondo. Prestate bene attenzione a tutto il quintetto in “Shades Of Jazz”, tema che Keith Jarrett scrisse nel 1976 per il suo gruppo di allora, con Dewey Redman, Charlie Haden e Paul Motian, e avrete chiaro il senso di continuità, l’amore verso l’intima essenza del jazz, che costituiscono la filosofia portante dei due sassofonisti.

Ora, so benissimo che per molti critici, soprattutto europei, questo è jazz appena gradevole, sostanzialmente inutile perché revivalista e già digerito.

Il mio pensiero è totalmente all’opposto, semmai bisognerebbe riuscire a capire chi è così bravo da dire cose nuove in un linguaggio codificato, e quindi rendere urgente il passato, da chi invece imita e copia per mancanza di idee. A pensarci bene, è il problema di sempre, ma questi due quando suonano fanno male : provare per credere!

 

Massimo Tarabelli

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