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WYNTON MARSALIS “Live at the House Of Tribes” – Blue Note (2005)


Green Chimneys /Just Friends /You Don’t Know What Love Is /Donna Lee /What Is This Thing Called Love /2nd Line

 

Wynton Marsalis, tp; Wessell Anderson, as; Eric Lewis, p; Kengo Nakamura, b; Joe Farnsworth, d.

(15 dicembre 2002)

 

Ecco il Wynton Marsalis che meno ci si aspetta, ma che non mi ha colto di sorpresa. Tra tante suite, progetti, concept album, il trombettista torna alla dimensione del jazz club per proporci un jazz disimpegnato e swingante, magari più vicino alla realtà di New York che a quella europea, ma non per questo meno veritiero e coerente.

 

Il mercato del jazz nel mondo si sta dividendo tra pochi nomi capaci di riempire un teatro e tutti gli altri che, anche guidando gruppi stabili, si devono accontentare di piccoli spazi. Una volta, almeno fino agli anni Ottanta, non era così. Il club era essenzialmente il luogo di ricerca e di esercizio a latere della funzione primaria di un musicista, cioè arrivare alla definizione di una propria musica da far circuitare in luoghi importanti. Tutto questo per dire che qui, in questo disco, Wynton non esegue il “suo” repertorio, ma proprio ciò che si sarebbe aspettato da un club, ovvero lunghe improvvisazioni su standard, con ritmiche spesso diverse, e tanto, tantissimo swing. Il jazz in giacca e cravatta che i Marsalis rappresentano, così spesso vituperato e scansato dagli snob della critica,  adesso si è messo una maglietta e i blue jeans e il pubblico non può che sottolineare con urla di meraviglia (a volte disturbanti l’ascolto, però) questa carrellata di assoli audaci e concreti, di fermate e ripartenze, cambi di tempo repentini, capisaldi di un linguaggio che Wynton Marsalis, ed ecco la continuità espressiva, difende a spada tratta da contaminazioni di qualsiasi genere. Anche Anderson, suo vecchio compagno di strada, appare qui in forma ditirambica, voglioso di esprimersi fuori dai solchi abituali. Direi tutto benissimo, quindi, se non fosse che la lunghezza dei brani, appropriata in questa sede, evidenzi poi nell’ascolto freddo del disco qualche imperfezione formale, qualche tirata non necessaria, ma sono pecche da mettere in preventivo. Semmai c’è da rilevare un certo impaccio nell’accompagnamento da parte di Lewis, che mi conferma quanto i giovani musicisti, pur bravissimi, siano ancora lontani dall’acquisizione totale della storia, mentre splendido è Nakamura, che non conoscevo, e Joe Farnsworth fornisce il solito, implacabile, sostegno ritmico, magari senza quelle sottigliezze timbriche alla Billy Higgins per cui è famoso.

Chiudo con una semplice domanda che mi frulla in testa: leggo in copertina che questo club è molto piccolo; quanto avrà pagato un quintetto del genere?

 

Massimo Tarabelli

 





The Wynton Marsalis Live At The House Of Tribes audio/video preview.
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