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STEVE SWALLOW with ROBERT CREELEY “So There” – XtraWatt (2001-2005)

STEVE  SWALLOW with ROBERT CREELEY

“So There” – XtraWatt (2001-2005)

 

Oh No /Names /Here Again / Ambition /Indians /from : Histoire De Florida /Sufi Sam Christian /Later /from : Wellington, New Zealand – from : Eight Plus /Miles /Just In Time /Return /Echo /Sad Advice /Riddle /Blue Moon /I Know A Man / A Valentine For Pen

 

Steve Swallow, basso elettrico; Robert Creeley, voce recitante; Steve Kuhn, pianoforte; The Cikada Quartet, archi

 

Questo disco è uno scrigno prezioso di emozioni e fascino. E con in più il pregio di portarci indietro nel tempo, quando la Cultura (permettetemi la maiuscola) era talmente ricca e innovativa da invadere e fecondare qualsiasi azione umana.

 

Mi riferisco in particolare agli inizi del dopoguerra fino ai primi anni ’60, in cui la nostra musica ben volentieri si confrontava con altre discipline come la danza, la pittura, la poesia. Chi non ricorda i famosi incontri di “reading” e jazz, dove scrittori del valore di Jack Kerouac e William Burroughs, Lawrence Ferlinghetti e Gregory Corso, nonché cantanti estremamente “cool” tipo Bob Dorough, si cimentavano in letture di prose e di versi con accompagnamento jazzistico? Ne scaturirono anche dischi importanti, da tempo fuori catalogo e rimediabili a prezzi da mutuo solo in qualche asta.

Robert Creeley, scomparso in tempi recenti appena nel 2005, quindi poco dopo alcune di queste registrazioni, apparteneva a quel mondo, cioè alla “beat generation”, e l’amicizia profonda con Swallow ha scaturito questa opera d’arte dalle molteplici sfaccettature.

Il grande bassista ha scritto una serie di bozzetti stupendi, in cui la voce, incrinata e fragile per via dell’età avanzata e tuttavia matura ed esperta, con quel pizzico di distacco che solo il trascorrere del tempo è in grado di conferire, si incastra con una musicalità che va ben oltre il puro significato delle parole.

Creeley legge infatti a ritmo, dilatando e stringendo i versi, con gli a capo ben scanditi anche nelle sillabe (“Here Again”), e gira intorno alle parole svuotandole quasi di significato allo scopo di renderle puro suono (“Just In Time”). E’ chiaro quindi che, se si vuole comprendere appieno la profonda affinità di questo incontro, diventa opportuno seguire le liriche, trascritte nel libretto interno, mentre vengono declamate. Attenzione e partecipazione sono necessarie anche perché “So There” ingloba, a mo’ di scatole cinesi, varie influenze e aspetti del linguaggio musicale degli ultimi decenni. Il quartetto d’archi garantisce un’atmosfera cameristica contemporanea e spesso fa da collante tra un pezzo e l’altro (tutti piuttosto brevi, tra i due e i quattro minuti); poi Swallow utilizza canovacci diversi, dai tempi dispari cari a Bill Evans fino al blues (“Later”) e, addirittura, la bossa-nova (il già citato “Just In Time”). Il terzo vertice è rappresentato da Steve Kuhn, che non ha bisogno di alcuna parola : basta ascoltare di nuovo il suo tocco unico, l’apertura mentale superiore e la capacità di interagire con gli altri per rendersi conto di trovarsi di fronte a uno dei pochi veri giganti della tastiera di sempre.

Disco impegnativo che saprà ripagarvi, in termini di arricchimento culturale, come forse nessun altro nel panorama odierno.

 

Massimo Tarabelli

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