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CHIARA PANCALDI “I Walk A Little Faster”

 

“I Walk A Little Faster” – Challenge (2015-2013)

 

Wouldn’t It Be Loverly / Show Me /Wild Is The Wind /Crazy He Calls Me /I Walk A Little Faster /I Cried For You /Don’t Be On The Outside /Get Out Of Town /A Flower Is A Lovesome Thing

 

Chiara Pancaldi, voce; Cyrus Chestnut, pianoforte; John Webber, contrabbasso; Joe Farnsworth, batteria

Chiara Pancaldi mi aveva già convinto dal precedente, e suo primo disco, “The Song Is You” (edito da Dodicilune). Intervenuta quindi al concerto del 30 aprile scorso, International Jazz Day, la cantante bolognese ha avuto modo di confermare le sue qualità, tanto notevoli da colpire musicisti d’oltreoceano molto esperti come il trombettista Jeremy Pelt e il pianista Cyrus Chestnut, che l’hanno subito invitata ad esibirsi a New York per confrontarsi con il pubblico più esigente e sofisticato. D’altronde le peculiarità di Chiara rimandano a tali prerogative: gusto e cultura nella scelta del repertorio, eleganza e passione nell’esposizione e lettura profonda del testo. E proprio nel nome risiede la sua caratteristica principale, come uno specchio che ne riflette l‘estrema chiarezza e pulizia di dizione, l’adesione, e di conseguenza, la valorizzazione delle linee melodiche, talvolta di bellezza struggente (è il caso di “Wild Is The Wind”, motivo stupendo tratto dal film “Selvaggio è il vento”, del 1957, con Anna Magnani e Anthony Quinn).
Chiara non urla, non gioca con le parole, ma canta, con buona intonazione e una montagna di sentimento, brani che ancora ci emozionano, nonostante ascolti ripetuti di innumerevoli versioni del passato. Il clima qui scelto non poteva allontanarsi molto dalle ballad, o tempi medi, perché solo esse permettono all’interprete di esprimere al meglio il proprio lirismo. In tal senso appare illuminante uno dei song meno eseguiti, ma allo stesso tempo, più preziosi, cioè quel “I Walk A Little Faster” di Cy Coleman, legato a nomi come Mabel Mercer e Mark Murphy. In “Don’t Be On The Outside” (ripreso in tempi recenti anche da Dena DeRose per il suo omaggio a Shirley Horn), Chiara sfoggia inoltre un inatteso scat, ammirevole per concisione e apprezzabile per agilità e precisione ritmica, arma in più del suo bagaglio tecnico di non trascurabile efficacia. La chiusura, affidata ad un’altra meravigliosa ballad, una di quelle che hanno lasciato il segno nella storia del jazz, è la prova più convincente della maturità di una cantante che, non temendo confronti con la storia, affronta il presente con la consapevolezza di avere molte cose da offrire all’ascoltatore. Se poi, ad accompagnarla, sono chiamati Webber e Farnsworth, team ritmico con pochi eguali nella scena contemporanea, e un fine armonizzatore come Chestnut, ecco che il risultato può essere solo di totale eccellenza e, perché no, anche di orgoglio per noi Italiani. Chiara, spero di risentirti presto dal vivo, un abbraccio,

Massimo Tarabelli

 

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