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DELFEAYO MARSALIS “The Last Southern Gentlemen”

DELFEAYO  MARSALIS

“The Last Southern Gentlemen” – Troubadour Jass Records (2014)

The Secret Love Affair /Autumn Leaves /She’s Funny That Way /Sesame Street /I’m Confessin’ /But Beautiful /Speak Low /Nancy /The Man With Two Left Feet /That Old Feeling /My Romance /If I Were A Bell /I Cover The Waterfront

Delfeayo Marsalis, trombone; Ellis Marsalis, pianoforte; John Clayton, contrabbasso; Marvin “Smitty” Smith, batteria

Se volete riappacificarvi con il grande jazz, quello che sempre più di rado si riesce a sentire oggi, allora questo disco fa per voi. Qui ci sono rispetto, feeling, swing, abilità tecnica, cuore, relax, senso della forma, e potrei continuare a lungo. Insomma, tutti quegli elementi naturali per chi ha “respirato” questa musica, e impervi per tutti gli altri. Non stupisce quindi che ci siano di mezzo i Marsalis, semmai appare gradevolissima sorpresa prendere atto della maturazione di Delfeayo, sempre schiacciato tra Wynton e Brandford, e tuttavia meritevole della massima attenzione, visto il marchio di fabbrica. Questa seduta è importante per più ragioni: innanzitutto vede per la prima volta riuniti il trombonista con il padre Ellis, grande figura di riferimento per il jazz di New Orleans; poi la scelta artistica, che è sintetizzabile in un tributo allo stile di vita del Sud degli Stati Uniti, un omaggio al suono del jazz classico che non dovrebbe mai essere dimenticato; infine per lo sforzo produttivo che ha tenuto impegnato Delfeayo non solo dal punto di vista musicale. Infatti la confezione del CD si presenta come un piccolo libro contenente note di copertina, un saggio storico e sociologico sull’origine dei “gentiluomini”, che risale all’epoca dello schiavismo, e un fascicoletto con delle piccole storie che partono da alcuni titoli proposti, tutti usciti dalla penna, colta e arguta, del leader. Il saggio è molto interessante; forse non tutti sanno che molti dei neri arrivati dall’Africa come schiavi di casa erano di ceto piuttosto elevato nel loro Paese, spesso, se non sempre, superiore a quello dei loro “padroni” bianchi. Da qui deriva l’acquisizione di modi garbati e gentili, il senso dell’etichetta e dell’ospitalità, e non dal retaggio britannico. Come acutamente osservò Charles Dickens, le signore del Sud parlavano come le loro “tate” di colore.

A questi valori si rivolge Delfeayo nello spirito esecutivo del disco. E la scelta di mischiare musicisti di generazioni diverse ne è evidente prova. E’ così che si cementano le relazioni, che la freschezza e l’audacia dei più giovani riesce a collegarsi con la capacità della costruzione melodica e del controllo delle dinamiche da parte degli anziani. Ecco perciò che i brani scivolano l’uno nell’altro senza quasi che ce ne accorgiamo: tra tempi veloci e ballad di straordinaria intensità è difficile, se non inutile, scegliere. Il trombone di Delfeayo è un forziere in cui è possibile cogliere retaggi del vigore dei primi leggendari trombonisti di New Orleans, il plastico swing di un Vic Dickenson , punto di riferimento per l’uso delle sordine, la tornitura del suono degna di J.J.Johnson. E che dire di Ellis? Mah, forse è la sua prova più convincente, splendido sia nel comping che nel solo, tanto da riservarsi un brano tutto per il trio, l’esaltante “If I Were A Bell”, tra i migliori veicoli per qualsiasi jazzista, e l’ultimo in duo, in un’emozionante lettura con il figlio di un altro grande standard, “I Cover The Waterfront”, da sempre nei nostri cuori. A ottanta anni da poco compiuti, Ellis si rivela un maestro assoluto, un altro sottovalutato che sarebbe ora tenere nella giusta considerazione. I ritmi, invece, confermano la loro statura; Clayton è esaltato da un suono stupendo, ripreso nella sua purezza, mentre Smith, che magari si era un po’ perso per strada, ritrova la via del jazz autentico senza strafare, fornendo un apporto di grande intelligenza e superiore varietà percussiva.

Non vorremmo che questo disco passasse inosservato, ma il pericolo esiste; sta a noi divulgarne qualità e bellezza.

Massimo Tarabelli

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