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JIMMY COBB “The Original Mob” – Smoke Sessions (2014)

JIMMY COBB

“The Original Mob” – Smoke Sessions (2014)

Old Devil Moon /Amsterdam After Dark /Sunday in New York /Stranger In Paradise /Unrequited /Composition 101 /Remembering U /Nobody Else But Me /Minor Blues /Lickety Split

Peter Bernstein, chitarra; Brad Mehldau, pianoforte; John Webber, contrabbasso; Jimmy Cobb, batteria

Basterebbe seguire il consiglio di Jimmy Cobb in copertina, “Lasciate parlare la musica!” e chiudere subito la recensione. Ma è chiaro che qualche altra parola va detta, visto che stiamo ascoltando l’ultima opera di un batterista ottantacinquenne che ha segnato la storia del jazz degli ultimi sessanta anni. Non vorrei tediarvi con il solito elenco dei musicisti con cui Cobb ha suonato, perché immagino, anzi sono sicuro, che li conosciate già. Mi preme però sottolineare come, dal punto di vista strumentale, non abbia perduto neppure un grammo della sua tipica solidità, di quella freschezza e puntualità nell’accompagnamento, basato su un piatto strepitoso, capace di esaltare qualsiasi solista. Il “Cobb’s Mob” appare qui nella sua veste primaria, con Brad Mehldau (poi sostituito nei dischi da Richard Wyands) che Cobb incontrò venti anni or sono quando insegnava alla New School. Lì mise insieme anche Bernstein e Webber, per un gruppo che avrebbe dovuto continuare la tradizione dei grandi trii con Wynton Kelly e Red Garland allargati a chitarristi del calibro di Wes Montgomery e Grant Green. In seguito Mehldau intraprese una strada propria che l’ha portato a diventare una delle poche “star” della scena internazionale, come ben sappiamo. Ma il pianista non si è dimenticato delle origini, della forza della tradizione e in queste tracce dimostra di trovarsi benissimo, anzi la sua prova, piuttosto lontana da certe frasi rimasticate nel tempo, porta una ventata di attualità necessaria per questa musica tanto importante. Il repertorio è formato da qualche standard e completato da originali che si mantengono comunque, brano di Mehldau a parte (“Unrequited”, per solo trio come era logico aspettarsi), nel medesimo solco di un jazz vigoroso e scattante, in cui l’apporto solistico è sempre in primo piano. Mi imbatto con vero piacere in “Amsterdam After Dark”, felice tema di George Coleman che diede il titolo ad un disco per la Timeless del 1978 (e che abbiamo inoltre riascoltato, da poco, nel concerto di Max Ionata e Gegé Telesforo durante l’ultimo Ancona Jazz Summer Festival), e in “Sunday In New York”, gran bel tema di Peter Nero raramente eseguito (lo immortalò Mel Tormé, ed è stato riproposto da Dena DeRose nell’ultimo disco dedicato a Shirley Horn), ma l’interesse e il godimento nell’ascolto si mantengono vivi lungo tutta la durata del CD, anche grazie ad una registrazione impeccabile, eseguita all’interno del club “Smoke” senza la presenza del pubblico.
Quartetto eccellente, che la presenza di un mostro sacro come Jimmy Cobb e di un nome famoso qual è Brad Mehldau, dovrebbe rendere appetibile. Tuttavia, visto il rigore e la fedeltà verso un jazz senza compromessi, potete stare certi che non lo vedremo mai nei cartelloni degli innumerevoli festival italiani.

Massimo Tarabelli

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