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SIMON MOULLIER “Countdown” – Fresh Sound New Talent (2020)

Countdown/ Work / I Concentrate On You / Goodbye Pork Pie Hat / Nature Boy / Turn Out The Stars / The Song Is You / Beijo Partido / Hot House / Ask Me Now
 

Simon Moullier, vibrafono; Luca Alemanno, contrabbasso; Jongkuk Kim, batteria
 

Ohibò, finalmente, ecco un musicista che ti fa drizzare le orecchie! Mi sono avvicinato a questo disco per via di una passione suprema per il vibrafono, qui protagonista in una formula altamente impegnativa, e dopo aver letto un repertorio di notevole qualità e interesse.  Ma non speravo di imbattermi in uno strumentista di personalità così spiccata e originale, che non rompe affatto i ponti con il passato, incarnato in figure gigantesche come Milt Jackson e Bobby Hutcherson, riuscendo altresì a porlo sullo sfondo di uno stile fresco, modernissimo e accattivante. Nato in Francia, e musicalmente cresciuto alla Berklee e al Thelonious Monk Institute, dove ha avuto modo di studiare e incontrare musicisti del calibro di Herbie Hancock, Wayne Shorter e Jimmy Heath, Simon sfrutta una profonda cultura jazzistica nel dar vita ad un fraseggio allo stesso tempo ardito e godibile, in cui soluzioni ritmiche e armoniche inaspettate si accompagnano ad interpretazioni di rara intensità, quelle da cui si esce sempre madidi di sudore, fin nelle ballad. Ovviamente, in tale contesto, Moullier deve ricorrere alle quattro mazze, tecnica ormai imprescindibile dopo Gary Burton. E accetta ben volentieri una sfida tipica dei “coolster”, cercare cioè di creare sempre cose nuove all’interno delle strutture codificate degli standard. Forte di un’intesa lunga ed appagante con il nostro Alemanno (lo avevamo già notato nei gruppi di Fabrizio Bosso) e un fantasioso Kim, il vibrafonista prende i temi subito alla gola, ne esplora i risvolti tematici mai tradendo le loro qualità intrinseche (grazie a ripetuti ascolti di versioni cantate, sia benedetto), e accompagnando i voli improvvisativi con “doppiaggi” vocali mai invadenti o fini a sé stessi.  In questo senso, forse il riferimento stilistico più vicino può essere Joe Locke, ma Moullier è un passo avanti nella differenziazione delle atmosfere e nell’imprevedibilità degli arrangiamenti. Non per nulla Herbie Hancock ha affermato di “non aver mai sentito suonare il vibrafono così”, e direi che aveva proprio ragione. Dal canto loro, i ritmi si dimostrano perfetti partner, non soltanto nel ruolo di accompagnatori, ma vivaci e creativi protagonisti di un “interplay” incessante, degno della massima attenzione in ogni frangente, dai tempi spezzati e “liberi” a quelli latini, dalle ballad al super up-tempo “Hot House” di Tadd Dameron (che, vi ricordo, è basato sul grande standard ”What Is This Thing Called Love” di Cole Porter). Illuminante, a ulteriore prova dei tangibili progressi di questo ragazzo, è l’ascolto di “Ask Me Now”, registrato in duo nel 2017. Qui Moullier è tanto rispettoso del tema da offrirne una versione “normale”, senza particolari sussulti, mentre l’altro brano di Monk, “Work”, è fin da subito creativo e rischioso.
La durata tipica degli LP, e una registrazione pregevole, soltanto lievemente sbilanciata – a mio modo di vedere – sulla batteria, rendono questo CD degno di essere ascoltato e il nome di Simon Moullier da presentare al più presto dal vivo, magari con questo impeccabile trio. Jazz goes on…

Massimo Tarabelli

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