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FRANCO CERRI “E venia da’ campi che di Cerri sentia” – Red Records (2008)

FRANCO CERRI

“E venia da’ campi che di Cerri sentia” – Red Records (2008)

 

E venia da’ campi che di Cerri sentia /Brasil /Fine & Dandy /All The Way /S.O.S. /But Not For Me /It Could Happen To You /Look For The Silver Linining /The Days Of Wine And Roses /When The Saints Go Marchin’ In /Sultry Serenade

 

Franco Cerri, chitarra; Alberto Gurrisi, organo Hammond; Mattia Magatelli, contrabbasso; Riccardo Tosi, batteria

 

Alla veneranda età di 82 anni (portati con leggerezza ed eleganza assolute), Franco Cerri registra un disco semplicemente perfetto, che ribadisce, se ancora ce ne fosse bisogno, una classe innata quasi senza pari in Europa (forse soltanto il belga René Thomas e l’inglese Louis Stewart gli tengono testa) e un gusto, un senso dello swing, un acquisizione di linguaggio così naturale, infine, da non far rimpiangere alcun modello d’oltreoceano.

Di Franco conosciamo benissimo la carriera, fitta di collaborazioni ed esperienze esaltanti. Anche il mio incontro con lui è indimenticabile. O, per meglio dire, con quella sua trasmissione televisiva “Fine serata da Franco Cerri”, del 1970, che la RAI oggi non si sognerebbe neanche un microsecondo di mandare in onda. In uno studio arredato tipo salotto, Franco faceva gli onori di casa – andava letteralmente ad aprire la porta – ai miti americani di passaggio in Italia, e li invitava subito a suonare qualcosa, tra una chiacchierata e un bicchiere di whisky, proprio come una jam session vera, non preordinata. Quel clima informale, e tuttavia fertile di messaggi e spunti creativi, univa divertimento e cultura, voglia di suonare con il ritrovarsi tra amici. Una passerella incredibile che io, allora molto giovane e forte solo di entusiasmo, cercavo di intrappolare con un Geloso malandato appoggiato sul tavolo più vicino. Ricordo che adoravo il suo quartetto con seconda chitarra (era Angelo Arienti) e un repertorio che, a parte i logici standard, prevedeva sempre brani originali con titoli stravaganti e bizzarri, talvolta anche misteriosi.

Ritrovo tutte quelle sensazioni, titoli compresi, in questo CD, in cui Franco suona in modo splendido, con quel tipico attacco delle note riconoscibile al primo impatto del plettro, e la fluidità costante durante l’improvvisazione, che segue sempre un filo logico chorus dopo chorus.

I giovani musicisti che l’accompagnano reggono molto bene; anzi l’hammond ha il pregio di donare un pizzico di attualità a questo jazz fuori dal tempo, in cui svolge un ruolo notevole il contrabbasso di Magatelli, peraltro registrato con pregevole attenzione timbrica.

Non mi rimane che una doppia esortazione : ai più scafati jazzofili, di non snobbare affatto questo disco, reputandolo magari ripetitivo o stanco; ai giovani, di lasciar perdere almeno una volta Bill Frisell, John Scofield e Pat Metheny : impareranno molto (sempre che ne avranno voglia…).

 

Massimo Tarabelli

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