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FRANK SINATRA – Live At The Meadowlands” – Universal (1986)




FRANK  SINATRA


Live At The Meadowlands” – Universal (1986)


Overture : My Way-I Get A Kick Out Of You-Young At Heart-Nancy-There Are Such Things-High Hopes-I’ve Got You Under My Skin-My Kind Of Town-All The Way-Strangers In The Night /Without A Song /Where Or When /For Once In My Life /Nice N’ Easy /My Heart Stood Still /Change Partners /It Was A Very Good Year /You Make Me Feel So Young /The Gal That Got Away /Theme From “New York, New York” /Monologue (spoken word) /Come Rain Or Come Shine /Bewitched /Moonlight  In Vermont /L.A. Is My Lady /I’ve Got You Under My Skin /Someone To Watch Over Me /One For My Baby /Mach The Knife (New York Bows


Frank Sinatra, voce; Bill Miller, pianoforte, direttore; Tony Mottola, chitarra; Don Baldini, contrabbasso; Irv Cottler, batteria + orchestra 


Per noi, sinatraiani  incalliti, un disco come questo non può che suscitare l’emozione più profonda e, detto senza falsi pudori, anche qualche lacrimuccia. Il concerto è del 14 marzo e a dicembre Frank avrebbe compiuto settantuno anni, un’età critica per qualsiasi cantante, ma che, almeno quella sera al Meadowlands Sports Complex di East Rutherford, New Jersey, non lo condizionò affatto. Frank era semplicemente a casa sua, rilassato, concentrato, ilare e drammatico, discorsivo come i veri “entertainer”, sorretto da un’orchestra super. Cosa poteva pretendere di più? Ed eccolo qua: dizione strepitosa, con quelle tipiche “s” schioccanti come un frustata, interpretazioni al solito definitive di brani affrontati sì migliaia di volte ma stavolta con un impeto, un trasporto, una voglia di comunicare rari e straordinari. Per non parlare della capacità di leggere e penetrare i versi, imitata da tanti ma ancora insuperata (e, credo proprio, insuperabile).


Frank è in forma eccezionale in questo concerto, riportato per intero (circa 78 minuti), perché proprio nulla si poteva scartare. Lo è dal  punto di vista tecnico, per forza degli attacchi, intonazione (il finale di “Where or When”!) e fraseggio jazzistico – diciamolo una volta per tutte, Sinatra è stato un grande jazzista (ascoltate cosa combina in “Change Partners”) – capace di influenzare cantanti  e strumentisti assortiti, Miles Davis in testa. Lo show era strutturato nel solito modo, almeno per le tournee USA. Si apriva con uno “standing comedian” che per mezz’ora precisa, non un secondo di più, intratteneva il pubblico, e poi l’orchestra eseguiva un medley che preparava l’ingresso trionfale, in impeccabile smoking, di Sinatra. Le cronache ci informano che l’attore riscosse un successo tiepido, dato che gli spettatori erano impazienti di ascoltare “The Voice”, forse consapevoli della grandezza del concerto a cui avrebbero assistito. (Peccato, perché si trattava di Red Buttons, uno dei migliori caratteristi di Hollywood, di cui ricordo almeno un paio di film importanti : “Non si uccidono così anche i cavalli” di Sydney Pollack e “Sayonara” accanto a Marlon Brando, che gli valse addirittura un Oscar come miglior attore non protagonista). Frank si muove tra queste canzoni ultraconosciute come una tigre nella giungla, nulla gli fa paura. Le dinamiche sono impressionanti : in “The Gal That Got Away” i pianissimi si alternano con i fortissimi, passando per i medi, con una disinvoltura e facilità disarmanti, tali da non far rimpiangere la famosa versione di Judy Garland. Quindi introduce opportunamente ogni pezzo, indica autori e arrangiatori, e gli applausi sono fragorosi fin dalle prime note di “You Make Me Feel So Young”, “Moonlight in Vermont” (una meraviglia!), “I’ve Got You Under My Skin”, “Someone To Watch Over Me”, la celebre saloon song “One For My Baby” che Frank canta con la tipica indolenza bluesy, sorretto in modo splendido dal nitido piano di Bill Miller, da sempre al suo fianco. E non mi dimentico di “L.A. Is My Lady”, brano insolito per le scalette del cantante, ma pur sempre gradevole pezzo, scritto da Quincy Jones per l’album omonimo e qui riproposto nell’arrangiamento originale.


So bene che in questa sede sarebbe meglio presentare nuovi musicisti oppure tirar fuori qualche nome dimenticato, ma di fronte a Frank Sinatra, forse il più grande artista del ‘900, l’eccezione è doverosa.


Massimo Tarabelli

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