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GIACOMO GATES

“Everything Is Cool” – Savant (2015)

Everything Is Cool /If I Were You, Baby, I’d Love Me /When Lovers They Lose /Social Call /Hazel’s Hips /Almost Blue /Take Five /Who Threw The Glue? /Here Today And Gone Tomorrow /Please Don’t Bug Me /All Alone /Well You Needn’t (It’s Over Now)

Giacomo Gates, voce; Grant Stewart, sax tenore; John Di Martino, pianoforte; Tony Lombardozzi, chitarra; Ed Howard, contrabbasso; Willard Dyson, batteria

Torno a parlare ben volentieri di Giacomo Gates, dopo il disco dedicato a Gil Scott-Heron. In seguito Giacomo ne ha inciso un altro, molto riuscito, in omaggio a Miles Davis, ma qui ha scelto un repertorio eterogeneo e più aderente alla sua vera natura, quella di ultimo depositario dell’arte del “vocalese”, tecnica che, a cavallo degli anni ’50, riscosse molto successo critico ed altrettanto seguito di pubblico. Devo dire che ogni disco di Giacomo (che noi di Ancona Jazz facemmo venire appositamente da New York per la prima volta in Italia, nel lontano 1999) rappresenta per me una ventata di aria fresca, un ritorno alle verità del passato che non è affatto semplicistico revival, ma la base di un’urgenza espressiva che, nel crogiolo di linguaggi diversi e apparentemente “moderni” di oggi, rappresenta una paradossale creatività “cool”, che più “cool” non si può. Insomma, se jazz significa anche guardare il mondo con l’occhio trasversale dell’artista “hip”, eccentrico ed ironico, ecco che questo titolo lo fotografa alla perfezione. E non è certo un caso che vi siano ben tre brani legati alla penna e al canto di Babs Gonzales, uno dei personaggi fondatori e paradigmatici del movimento. Sono song piuttosto rari, pubblicati come singoli, e per questo già parecchio interessanti. Ma tutto il repertorio è una vetrina dell’arte di Gates. Ci sono infatti dei blues, come il divertente slow “Se fosse te, piccola, mi amerei”, introdotto da Nat King Cole nel 1950, l’originale bop-blues “Who Threw The Glue”, e “Hazel’s Hip”, scritto da Oscar Brown Jr, importante liricista nero degli anni ’60. E poi si continua con delle grandi ballad, fra cui il ripescato “Almost Blue”, composto da Elvis Costello e in seguito reso struggente da Chet Baker; del puro bebop con “Social Call”, scritto dall’altosassofonista Gigi Gryce per il plastico canto di Betty Carter, e lo standard “Well, You Needn’t” di Monk; su “Take Five” Giacomo sfoggia uno scat notevole sopra il leggendario solo di batteria di Joe Morello, e non si dimentica del “reading” in “All Alone” del famoso comico Lennie Bruce, che lo scrisse nel 1958 dopo essere stato abbandonato dalla moglie. Lascio per ultimo il brano che mi ha più piacevolmente colpito, quel “Please Don’t Bug Me”, antiretorico love-song legato al nome di uno dei miei idoli, il grande trombonista Frank Rosolino, il quale lo incise nell’insolito album Reprise “Turn Me Loose” del 1961, cantato e suonato in ogni traccia con stile unico. Evidentemente, non sono il solo a cui quel pezzo, che davo oramai dimenticato, è rimasto impresso nella memoria!                                                                                                                                                                       La riuscita di questo disco è legata anche all’apporto degli accompagnatori, tutti comunque eccellenti solisti. Grant Stewart è uno dei tenoristi più solidi in circolazione, e leader egli stesso di pregevoli sedute, e la ritmica è elegante e sofisticata, con il piano scintillante di John Di Martino in grande evidenza (d’altronde, è il pianista fisso di Gates da anni, e perciò è in grado di armonizzarne pure i sussurri).                                                                                                                                                                                 Giacomo Gates, a sessantacinque anni, è diventato a pieno titolo quello a cui puntava maggiormente: un cantante che si diverte sempre in ciò che fa, innamorato dello swing e del vero, grande, jazz, ma che la raggiunta maturità vocale gli permette di esplorare le emozioni più profonde di ogni song.                                                                                  Nessuno canta più come Giacomo Gates, afferma Marc Myers nelle note di copertina. E’ vero, e per questo andrebbe tutelato e preservato, come il panda.

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