Alla vigilia del tradizionale concerto gospel (mercoledì 22 p.v. al Teatro delle Muse con “Louisiana Gospel Choir”), vale la pena ripercorre a volo d’angelo i sette concerti che Ancona Jazz in Club ha proposto in questo autunno, prevalentemente a “Lascensore”, ma anche da “Enopolis” e all’Hotel Emilia: occasioni, tra l’altro, per lanciare la “community” di Ancona Jazz, sorta d’associazionismo virtuale, capace di assicurare vantaggi e agevolazioni ai suoi membri. (Per iscriversi, basta andare alla nostra newsletter)
In sintesi estrema:
Max Ionata: quando il jazz diventa didattica. E chi altri, se non il nostro poderoso tenorsassofonista, avrebbe il coraggio di presentare la “Freedom Suite” integrale di Sonny Rollins, in trio senza pianoforte?
Alan Farrington (foto in alto): una voce soul inglese innamorata pazza di Frank Sinatra. E se dietro c’è Andrea Pozza al pianoforte e lo stellare duo ritmico Milanese/Bandini (sembravano Walter Booker/Jimmy Cobb!), tutto è possibile.
Barbara Casini (foto al centro): chi l’ha detto che bisogna esser brasiliane per interpretare Chico Buarque. La poetica sanguigna dell’uno incontra la voce dolente e matura dell’altra, e la meravigliosa chitarra di Sandro Gibellini a tesser trame preziose.
ManoManouche: Django Reinhardt ma non solo, nella gioia del trio titolato in Italia a “rappresentare” il maestro gitano della chitarra. Ti ritrovi senza volerlo, durante e a fine concerto, con il sorriso sulle labbra.
Steve Kuhn (foto in basso): il più grande. Perché il suo pianismo incrocia impressionismo lirico e densità di fraseggio, interpretazione personale e qualità di scrittura. La sua prima ora di musica, con la coppia Mraz/Baron, rimarrà scolpita nella memoria, e nel cuore.
Irio de Paula: padre e figlio in uno scambio di note ed emozioni. La velocità del secondo trova linfa dalla geniale sobrietà del primo: due generazioni di chitarre acustiche a confronto, e bossanova al massimo.
Luigi Tessarollo: altra chitarra, altro mondo. Che è quello degli standard americani, ma anche delle canzoni italiane in jazz. Con dietro un Ron Vincent che sarà difficile non citare tra i migliori batteristi per trio.
(Andrea Piermattei)
fonte: Corriere Adriatico