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JOYCE MORENO “Cool” – Far Out (2015)

Love For Sale / Fever / Cool / Day-o (The Banana Boat Song) / Let’s Do It / Round Midnight / Invitation / The Shadow Of Your Smile / Mingus, Miles & Coltrane / You Do Something To Me / Nature Boy / My Favorite Things / Moon River

Joyce Moreno, voce, chitarra, arrangiamenti; Helio Alves, pianoforte; Rodolfo Stroeter, contrabbasso; Tutty Moreno, batteria; coro in “Day-o” e “Nature Boy”

Dopo innumerevoli richieste rifiutate per un disco simile, in particolare dal Giappone, Joyce approda finalmente ad una seduta improntata alla rilettura di standard nordamericani. E lo fa in un momento assai felice della propria carriera artistica, nonostante stia durando da oltre quattro decenni. In tutto questo periodo Joyce (ora con tanto di cognome anche da artista) ha rivelato superiori doti di cantante (la preferita di Jobim, tanto per dire), chitarrista e compositrice, qualità che l’hanno portata ad essere una figura di primo piano nello sterminato panorama musicale brasiliano. Ma ciò che più affascina e colpisce in lei è  la vasta cultura specifica, che le permette di inglobare nella sua musica influenze disparate, e quindi viaggiare in territori sempre nuovi e originali. Il tutto accompagnato, ovviamente, da una sensibilità poetica ed emozionale superiore. La ricordiamo volentieri, in tal senso, nello strepitoso concerto di Osimo nel 2011 per “Le Strade del Jazz”, con lo stesso quartetto di questo disco, e nel duo, di una commovente serenità, con Kenny Werner allo Sperimentale nel Febbraio 2016.

L’occasione per accettare il confronto con gli standard è scaturita – parole della stessa Joyce – durante le prove di un concerto, quando per caso si trovò ad improvvisare sul motivo di “Love For Sale”. Lì capì che poteva lavorare con successo su armonie e linee melodiche inusuali e accettò la sfida. La prima volontà fu sfuggire dal pericolo di adattare in stile bossa-nova il materiale tematiche a disposizione: troppo scontato e ripetitivo. Quindi Joyce ha preferito partire dal testo, e perciò dalla storia, capirne il significato profondo e trasportarlo tra la gente di Bahia, sfruttando ritmi, dal samba al tango, più vicini ai sentimenti dell’ascoltatore. Perciò il repertorio è raffinato e popolare allo stesso tempo (“Fever”, “Day-O”, con la quale Harry Belafonte lanciò il calipso in tutto il mondo nel 1956 : provate a chiederla ai vostri genitori, ve la canteranno subito), ma dovunque l’approccio di Joyce tiene in gran conto il jazz, anche grazie alla personalità del suo affiatatissimo trio. Aspettatevi dunque versioni insolite e tutte da scoprire di questi temi celeberrimi. Solo in “The Shadow of Your Smile” Joyce ha rispettato l’atmosfera del pezzo, rendendolo appena più “slow”, e sottolineandone così l’aspetto melodico evitando qualsiasi sentimentalismo. Altrove, penso all’originale “Mingus, Miles & Coltrane”, lo scat continuo è un omaggio ai suoi eroi musicali di gioventù, così come “My Favorite Things”, che rimanda sì di nuovo a Coltrane ma con un incrocio finale con “Chovendo na Roseira” di Tom Jobim, tanto imprevedibile quanto azzeccato. Infine per “Moon River” Joyce ha la felice pensata di affrontare il celebre song di Henry Mancini in totale solitudine (del resto, così l’aveva interpretato Audrey Hepuburn in “Colazione da Tiffany”), ma citare come intro la “Gymnopedie n.1” di Erik Satie è un ulteriore segnale di quanto peso la grande musica, dovunque si trovi, abbia nel lessico di questa donna immensa di cuore e di cervello.

Non mi dilungo poi sull’apporto della sezione ritmica, impeccabile dovunque, e superlativa in Helio Alves, pianista magnifico che trova nella sintesi la dimensione ideale per un solismo pieno di idee e mai avulso dall’essenza del brano. Insomma, un pianista che, come dice il nostro Giancarlo Di Napoli, “siede a fianco dei grandi” : pura verità.

Massimo Tarabelli

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