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ROSA PASSOS “Dunas – Live in Copenhagen 1” (Storyville; 2001)

Cigano /Marina /Rosa Morena /Sabado Em Copacabana /O Que E’ Que A Baiana Tem? /
Chuva De Verao /Aguas De Março /Dunas /Juras

 Rosa Passos, voce, chitarra; Fabio Torres, pianoforte; Paulo Paulelli, contrabbasso e basso elettrico;
Celso de Almeida, batteria

Magia. È la prima, e sola, parola che mi balza in mente mentre ascolto, una traccia dopo l’altra, questo inedito di Rosa Passos. Spero tanto che il suo nome vi sia ben noto. Rosa è interprete suprema della bossa nova, una sorta di alter ego femminile di Joao Gilberto, tanto per rendere l’idea. La sua capacità di trasformare qualsiasi tema in un viaggio inesplorato, e quindi del tutto nuovo, nel profondo del nostro animo, intendo dell’ascoltatore abitante in ogni latitudine, è qualcosa di unico e commovente. Non si scappa, la bellezza esiste e vive qui, in questi bozzetti delicati, poetici, resi ancora più intimi da un canto sussurrato e da un accompagnamento alla chitarra di valore assoluto. Rosa è musicista completa, la sua appartenenza al mondo brasiliano non le impedisce di confrontarsi continuamente con il jazz, i cui esponenti spesso la accompagnano nei dischi e concerti (Kenny Barron, Ron Carter, Paquito D’Rivera), e ne arricchiscono la tavolozza espressiva, spingendola ad indagare armonizzazioni ardite e rivelatrici.
In questo disco, registrato oltre vent’anni fa al celebre “Jazzhouse” di Copenhagen, la cantante può godere di una ritmica eccelsa, che vede nel pianista Fabio Torres e nel bassista Paulo Paulelli (in seguiti confluiti nello straordinario Trio Corrente) autentici punti di forza. In particolare, Paulelli trae dal suo strumento, acustico o elettrico, sonorità affascinanti, tanto peculiari quanto pertinenti all’atmosfera generale. Il repertorio sfiora l’amato Tom Jobim con appena un song, quell'”Aguas de Março” che, tra le tante versioni, avvicino senza dubbio a quella, suprema, dello stesso Jobim con l’indimenticabile Elis Regina, per volgersi in particolare a Dorival Caymmi (ben quattro temi, splendidi), quindi a Djavan e a tre originali che attestano, infine, una dote di compositrice niente affatto secondaria, del tutto aderente a quel nuovo stile che, quarant’anni prima, aveva cambiato radicalmente la musica brasiliana.
Per nulla immune da una personalità del genere, Steen Rasmussen (pianista danese totalmente immerso nella bossa, autore di dischi pregevoli per la Stunt Records) scrive note di copertina appassionanti, che fotografano fin dal primo incontro con la Passos un amore incondizionato. Ci credo senza indugio, e allo stesso tempo mi rammarico del fatto che ben difficilmente riusciremo a vederla più dal vivo, almeno dalle nostre parti. Paulelli, con il quale parlai lo scorso anno in occasione del suo strepitoso concerto con il Trio Corrente durante il festival alla Mole, mi confermò le pene fisiche, in particolare alle ginocchia, che la stanno tormentando, tanto da impedirle di muoversi.
Consoliamoci, e alla grande, con questo disco, la cui brevità, insolita per un CD, fa credere senza dubbio ad un secondo capitolo. Attendiamo con ansia.

Massimo Tarabelli

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