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TERRY GIBBS “52nd Street & Broadway: Songs Of The Bebop Era” Mack Avenue (2004)

TERRY  GIBBS

“52nd Street & Broadway: Songs Of The Bebop Era” Mack Avenue (2004)

 

Round Midnight /Jumping With Symphony Sid /Lemon Drop /If Yu Could See Me Now /Groovin’ High /Cherokee /A Night In Tunisia /Lover Man /Salt Peanuts /Perdido /Doxy /Bopstacle Course

 

Nicholas Payton, tromba; James Moody, sax tenore, sax alto; Sam Most, flauto; Tom Ranier, pianoforte; Terry Gibbs, vibrafono; Dave Carpenter, contrabbasso; Jeff Hamilton, batteria

 

Terry Gibbs, ottanta anni, è uno dei più grandi vibrafonisti della storia del jazz, e anche piuttosto sottovalutato, a guardare la sua carriera artistica. Legato essenzialmente alle big bands (Woody Herman in testa) e, in seguito, a proprie tonitruanti formazioni, Gibbs ha inciso con Buddy De Franco, Stan Getz, Oscar Peterson, Benny Goodman, solo per citare i famosissimi.

 

E’ un personaggio ottimista e positivo, ritratto sempre con il sorriso, che è riuscito ad infondere nella sua musica una gioia e un amore per lo swing rari. Musicalmente a metà strada tra Lionel Hampton e Milt Jackson, il vibrafonista si è trovato a rimbalzare tra due mondi: quello legato alla swing-era e il moderno bebop. In questo recente disco lo possiamo ascoltare alle prese con un tipico repertorio bop, formato da alcuni classici immortali, resi – diciamolo subito – con quella vitalità e ansia rigeneratrice necessarie a rendere vivi brani tanto battuti. I motivi d’interesse sono più d’uno: riascoltare per esempio uno dei massimi flautisti che il jazz abbia espresso, cioè Sam Most, e poi l’accoppiata James Moody e Nicholas Payton, vale a dire passato (ma Moody, altro ottantenne, sfoggia una grinta e una brillantezza da far invidia a un ragazzino) e presente in una front-line che “tira” come poche. E, last but not least, una sezione d’archi: non vi spaventate, niente leziosità e zuccherifici, ma un utilizzo analogo a quello dei fiati di una big band di jazz (l’arrangiatore è per lo più l’altosassofonista Med Flory, leader dei Supersax). Addirittura lo storico “alto break” di “A Night In Tunisia” viene riproposto pari pari dai violini, causando un effetto sorpresa notevole.

Terry Gibbs è in ottima forma, magari qua e là leggermente impreciso, e non si è dimenticato del suo storico intervento vocale nel capolavoro scat di “Lemon Drop” (qui doppiato con Sam Most, mentre nell’originale del 1948, secondo gregge di Herman, era affiancato da Chubby Jackson e Shorty Rogers).

Insomma un disco piacevolissimo, divertente e istruttivo, che consiglio ad esperti e neofiti.

 

Massimo Tarabelli

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