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JERRY BERGONZI “Tenor Talk” – HighNote (2008)

JERRY  BERGONZI

“Tenor Talk” – HighNote (2008)

 

Who Cares? /Hank /Girl Idlig /Soul Mission /Splurge /Wippin’ And Waulpin’ /Left Of Memory

 

Jerry Bergonzi, sax tenore; Renato Chicco, pianoforte; Dave Santoro, contrabbasso; Andrea Michelutti, batteria 

 

 

Bergonzi è da tempo uno dei sassofonisti tenore di riferimento nel panorama del jazz. La sua maturità è quasi tangibile, e non mostra crepe o cedimenti di sorta. Al contrario, ogni suo disco – e questo è addirittura il venticinquesimo da leader – codifica un messaggio di solidità linguistica totale, con profonde radici nella storia e nella tradizione dello strumento.

Forse prevedibile, e sappiamo bene quanto questo aggettivo sia negativo in termini jazzistici, ma in realtà ammirevole per la capacità di resistere al tempo e di evitare qualsiasi tendenza modaiola.

“Tenor Talk” non tradisce affatto le attese, anzi le premia in virtù di un apporto compositivo corposo ed elegante, che tiene in gran conto la profonda affinità di un gruppo che si frequenta ormai da anni. Per chi non lo conosce, dirò che il tenore di Bergonzi è una personale sintesi dei dettami di giganti quali John Coltrane e Sonny Rollins, nonché di un terzo “minore” come Hank Mobley. Grande sfoggio di tecnica, quindi, ma mai fine a se stessa, piuttosto al servizio di un’esigenza musicale alta e complessa, seria e consapevole, mai sopra le righe. Nel disco, a parte lo standard di apertura, opportunamente smontato, gli originali lasciano affiorare però anche altre figure passate di sassofonisti, che la sapienza del leader riesce a mescolare con peculiare senso dell’armonia e del “respiro” ritmico. Ogni brano possiede più di un motivo d’interesse e il jazzofilo non ha modo di stancarsi mai. Anche gli accompagnatori ce la mettono tutta nel rendere il prodotto finale swingante con relax, ed eliminano quei contorsionismi ed esasperazioni che talvolta saturano l’ascolto. Renato Chicco conferma eccellenti qualità di accompagnatore e melodista nei soli, Santoro è la consueta roccia, mentre il nostro Michelutti fa da collante in modo mirabile, pensando sempre al gruppo piuttosto che al virtuosismo personale.

Concludo: qui c’è jazz vero in una formula immortale, che necessita però un’adeguata cultura musicale per essere apprezzato al meglio. La realtà è ben diversa, purtroppo; pensate soltanto a come sarebbe il mondo se, tra i milioni di messaggini SMS, perlopiù sciocchi e inutili, comparisse questo : “Correte a comprare subito il nuovo disco di Jerry Bergonzi!”.

 

Massimo Tarabelli

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